Descrizione
Nel 1967, in occasione del terzo centenario della morte del grande architetto ticinese, uscì il libro Borromini, architettura come linguaggio di Paolo Portoghesi. Tale opera, che per decenni è stata il punto di riferimento imprescindibile per chiunque si interessasse al Borromini, è rimasta finora la più ricca e completa pubblicazione a lui dedicata ed è stata fondamentale per la diffusione dell’opera borrominiana in tutto il mondo. Da anni, però, il libro è ormai introvabile sul mercato, se si esclude quello antiquario. Questa nuova edizione colma un vuoto e risponde a una necessità, e lo fa con un testo riscritto dal medesimo autore – indiscusso esperto mondiale del Borromini – e accresciuto in modo considerevole, che rispecchia il grande lavoro di ricerca filologica e documentaria proseguito senza sosta negli ultimi quarant’anni.
Nato nel 1599 a Bissone sulle sponde del lago di Lugano, Francesco Castelli (che a ventotto anni cambiò definitivamente il suo cognome in quello di Borromini) apparteneva a un gruppo di agiate famiglie ticinesi che si erano fatte onore emigrando in vari paesi di Europa e contribuendo a progettare, costruire e decorare architetture di qualità. Ancora giovanissimo (forse già nel 1609), si trasferisce a Milano e poi, nel febbraio 1619, a Roma, città che non lascerà sostanzialmente più e che sarà teatro delle sue opere: dagli interventi nella chiesa di Sant’Andrea della Valle, a fianco di Carlo Maderno, e in Palazzo Barberini al Baldacchino di San Pietro, la cui Fabbrica era allora guidata da Gian Lorenzo Bernini;
da San Carlino alle Quattro Fontane a Sant’Ivo alla Sapienza sotto il pontificato di Urbano VIII, fino al Palazzo di Propaganda Fide e alla chiesa di Sant’Agnese in Agone durante il pontificato di Innocenzo X, solo per citarne le principali.
Nato nel 1599 a Bissone sulle sponde del lago di Lugano, Francesco Castelli (che a ventotto anni cambiò definitivamente il suo cognome in quello di Borromini) apparteneva a un gruppo di agiate famiglie ticinesi che si erano fatte onore emigrando in vari paesi di Europa e contribuendo a progettare, costruire e decorare architetture di qualità. Ancora giovanissimo (forse già nel 1609), si trasferisce a Milano e poi, nel febbraio 1619, a Roma, città che non lascerà sostanzialmente più e che sarà teatro delle sue opere: dagli interventi nella chiesa di Sant’Andrea della Valle, a fianco di Carlo Maderno, e in Palazzo Barberini al Baldacchino di San Pietro, la cui Fabbrica era allora guidata da Gian Lorenzo Bernini;
da San Carlino alle Quattro Fontane a Sant’Ivo alla Sapienza sotto il pontificato di Urbano VIII, fino al Palazzo di Propaganda Fide e alla chiesa di Sant’Agnese in Agone durante il pontificato di Innocenzo X, solo per citarne le principali.
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